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“Una vita per Creta” o “Da Creta…con amore” sono due delle frasi utilizzate in riferimento al rapporto di Federico Halbherr con l’isola. Alle testimonianze del suo impegno profuso per la scoperta e la conservazione del suo passato sepolto, si aggiungono le prove di un amore profondo che egli nutriva per l’isola, ma anche, soprattutto, per i suoi abitanti… (Fig. 1)

 

Fig. 1 Alcuni giovani contadini cretesi (Archivio Halbherr dell’Accademia Roveretana degli Agiati, da Sorge 2010)

 

Nonostante i numerosi problemi economici, suoi personali e della missione archeologica che si impegnava a costituire e finanziare, diversi documenti e lettere ci testimoniano in più occasioni la generosità di un uomo che, tra le tante, non seppe risparmiarsi di fronte alle difficoltà di centinaia di cretesi coinvolti nelle rivolte per l’indipendenza dai turchi (Fig. 2). 

 

Fig. 2 – Federico Halbherr a Creta (Archivio dell’Accademia Roveretana degli Agiati)

 

L’organizzazione di una colletta, con i colleghi Mariani e Savignoni, permise di distribuire denaro alle vedove, agli orfani di guerra e ai bisognosi dei villaggi della Pediada (regione centro-meridionale di Creta), così come ai tanti profughi di questa regione. 

Nell’ottobre del 1896, quando fu chiaro che le rivolte interne tra turchi e cretesi potevano soltanto peggiorare, così si rivolgeva al suo maestro Comparetti: «Spero che Ella vorrà dare il Suo obolo pei Cristiani di Creta […]. Siamo certi di non raccogliere molto, ma vogliamo che i Cretesi sappiano che noi, che ci siamo occupati con tanto amore delle loro antichità, non dimentichiamo il popolo che soffre».

L’attaccamento per la popolazione dell’isola era tale che si prodigò personalmente affinché il Ministero degli Esteri italiano contribuisse al finanziamento di borse di studio per i giovani cretesi che frequentavano l’università nella nostra penisola. Per diversi giorni, Halbherr trascurò addirittura i suoi impegni accademici pur di seguire lo stato di salute di uno studente greco ammalatosi gravemente: «Un ottimo giovane nostro conoscente greco che studia all’Università, si è ammalato di tifoidea grave in una camera mobiliata, dove trovasi solo e abbandonato. Io ho dedicato tutti questi miei giorni a lui e non mi stacco dal suo capezzale. I suoi amici sono tutti via, meno un giovinetto di Canea che condivide con me le cure e la responsabilità. Debbo dire che mi trovo molto perplesso e imbarazzato davanti al caso pietoso, reso più grave dalle condizioni economiche del malato e delle mie di questo momento […]».

Fu capace di fare breccia nel cuore dei tantissimi cretesi che aveva incontrato nel corso delle sue esplorazioni; «Pós pái o Fridericos?», “Come sta Federico?”, veniva continuamente chiesto dagli abitanti dei villaggi presso cui allievi e colleghi si trovavano a sostare. 

L’amico e collaboratore G. De Sanctis sottolineava come il rispetto che i cretesi nutrivano nei confronti di Halbherr (noto come kyrios Friderikos, “signor Federico” in neogreco) avesse garantito un clima favorevole agli studiosi che si muovevano per Creta «viaggiando negli anni precedenti attraverso tutta l’isola e acquistandovi una popolarità quasi leggendaria, sicché si parlava di lui, delle sue cavalcate, delle sue scoperte, dai contadini dell’interno cretese con ammirazione sconfinata, e al nome di Phederikos si aprivano tutte le porte» (Fig. 3)

 

Fig. 3 – Federico Halbherr a cavallo presso il sito archeologia di Haghia Triada (Archivio dell’Accademia Roveretana degli Agiati)

Ma l’isola non incarna soltanto l’amore per un passato affascinante o per il carattere dei suoi abitanti; egli amò Creta negli occhi castani della giovane Skevò Kalokerinou, dal volto “ovale delicato” e dai capelli bruni. Ella era la figlia del primo scavatore di Cnosso, Minos Kalokerinòs, il quale, tuttavia, rifiutò di cedere la mano di Skevò al nostro Halbherr, dandola in sposa al possidente cretese, Nikos Tsagkakis.

D’altra parte, un’altra donna seppe colpire il «bello, sapiente per la sua età, ma anche benevolo» Federico Halbherr. Nel 1900, infatti, egli tornò in Italia con un nuovo amore, ma si trattava dell’amore che un padre nutrirebbe per sua figlia, ossia la piccola Maria Fasoulaki. Nata a pochi passi dal palazzo di Festòs, Maria giocava ancora a piedi scalzi tra le galline e i conigli del villaggio di H. Ioannis, quando lasciò l’isola per seguire il suo nuovo padre adottivo, del quale non smise mai di tramandare la memoria…Dopo la morte di Halbherr, dedicandosi alla cura della casa della Missione della Scuola archeologica italiana, ad Heraklion, per anni ha continuato a raccontare della sua vita accanto al “povero professore (Fig. 4). Ai giovani archeologi che vi pernottavano, ancora chiedeva: «Gnorìzete ton Kyrion Friderikon?», Conoscete il signor Federico?

 

Fig. 4 – Casa ottomana acquistata da Halbherr nel 1927 e divenuta sede della Missione italiana ad Heraklion, in odos Halbherr 17 (https://www.scuoladiatene.it/saia/storia/le-sedi.html)

Claudia Palmieri

 

Per approfondimenti:

La Rosa V. 2000, «Ti abbraccio fraternamente. Lettere di J. Chatzidakis a F. Halbherr», Atti Acc. Rov. Agiati 250, ser. VII, vol. X A, pp. 7-112.

La Rosa V. 2009, «La Creta di Federico Halbherr», Atti Acc. Rov. Agiati 259, ser. VIII, vol. IX, fasc. I, pp. 111-135.

AA.VV., Orsi, Halbherr, Gerola. L’archeologia italiana nel Mediterraneo, Rovereto 2010, pp. 171-291.

Sorge E. 2010, «Gnorìzete ton kyrion Friderikon?», Atti Acc. Rov. Agiati 260, ser. VIII, vol. X A, fasc. I, pp. 279-309.

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