Storia del sito
È noto come Festòs rappresenti uno dei maggiori centri amministrativi di epoca minoica, largamente fondato sul controllo e sullo sfruttamento della fertile pianura della Messarà. Oltre cento anni di ricerche italiane concentrate sulla collina del palazzo, hanno fornito una conoscenza molto dettagliata del complesso palatino nelle sue diverse fasi. Il sito, sulla sommità di tre colline dominanti la pianura della Messarà occidentale, risulta particolarmente interessante per la cospicua quantità di testimonianze risalenti al periodo minoico, che vede l’affermazione e il consolidamento di forme di organizzazione della società.
All’inizio del II millennio, nel MM IB, la costruzione del palazzo minoico, su una superficie di circa 10.000 mq, riflette una nuova organizzazione del potere. L’edificio, diverso dalle precedenti esperienze architettoniche, s’impianta nell’area di un preesistente insediamento datato tra il Neolitico finale e l’AM.
La nascita del primo palazzo determina, infatti, un’innegabile trasformazione urbanistica grazie alla realizzazione di numerosi ambienti destinati allo svolgimento di diverse funzioni come magazzini, uffici amministrativi con relativi documenti iscritti e luoghi consacrati al culto.
L’edificio, fondato nel MM IB e distinto in due blocchi articolati attorno a un cortile interno, presenta un impianto era frutto di un progetto unitario già al momento della sua costruzione, anche se nel corso del tempo subì una serie di trasformazioni volte a modificarne l’aspetto.
Il complesso disponeva di due ampi spazi esterni, destinati a un uso cerimoniale: il primo, quello interno, con accesso controllato e fortemente delimitato anche negli orizzonti visuali, l’altro più facilmente accessibile, anche se chiaramente circoscritto, con un’ampia visibilità e un diverso inserimento nel paesaggio.
In seguito alla distruzione dell’edificio alla fine del MM IIB viene avviato un nuovo programma edilizio che amplia il palazzo verso ovest. Questa nuova ripresa architettonica segue una volontà di monumentalizzazione e arricchimento dello spazio cerimoniale come la costruzione della nuova seconda facciata, il nuovo lastricato del Piazzale I e la relativa rampa, le kouloures, l’edificio di Nord-Ovest, la gradinata teatrale, concludendosi con un doppio episodio sismico alla fine di tale periodo.
Gli abitati di Haghia Fotinì, di Chàlara, delle case immediatamente a Ovest del Piazzale I, delle abitazioni a Sud del Palazzo, delle strutture sul pendio meridionale dell’Acropoli Mediana, costituiscono un contesto urbano che si articola in forma sparsa in diversi nuclei che fanno capo al Palazzo. L’insediamento non era tuttavia limitato al solo Palazzo, e alle aree immediatamente attorno ad esso, ma si estendeva ben oltre le pendici.
Con la fine dell’insediamento minoico a Festòs si colgono, come in altri insediamenti dell’età del Bronzo, quei processi di destrutturazione e riorganizzazione della società (come trasformazioni economiche, politiche e nuove modalità di divisione dello spazio abitato) che porteranno alla ‘nascita’ della polis e alla costruzione di un centro urbano, di cui tuttavia è difficile cogliere nello specifico le dinamiche di formazione e di trasformazione.
L’abitato all’inizio dell’età del Ferro sembra essere diviso in nuclei con relative aree sepolcrali disposte a mezza costa o immediatamente a valle in aree anche molto distanti dal futuro centro urbano. Le testimonianze archeologiche si riscontrano principalmente nel cosiddetto Quartiere Geometrico a ovest del Palazzo minoico (che doveva occupare l’intera collina), il quale costituisce la più importante testimonianza di questo periodo a Festòs, e nel ritrovamento sulla collina del Christòs Effendi di un insediamento della stessa fase.
A questi nuclei si possono associare una serie di altri rinvenimenti funerari nell’area del villaggio di Haghios Ioannis, e quelli più distanti sulle alture di Kalyvia- Lilianà, a nord delle colline festie, e a sud nell’area del villaggio di Petrokephali, ai quali si può aggiungere anche quello della collina di Marathovìgla sulla cui sommità sono visibili scarsissimi resti di strutture che attendono di essere esplorate.
Per l’età arcaica un rilievo significativo assumono gli elementi architettonici, pertinenti forse a un tempio, rinvenuti sull’Acropoli Mediana e le diverse iscrizioni mai rinvenute in situ: l’epigrafe proveniente dal canale del Grià Saita presso Chalara, la più antica a Festòs di carattere giuridico nella quale si fa riferimento all’agora, le iscrizioni bustrofediche reimpiegate in un edificio di Haghios Ioannis e quella, inedita, reimpiegata nella chiesa di Haghios Pavlos.
Le lacune tra il 550 e il 375 a.C. sono alla base di gran parte delle riflessioni relative al ruolo di Festòs tra il VI e l’inizio del IV sec. a.C. e all’abbandono del territorio ritenuto da taluni conseguenza dell’espansione territoriale di Gortina, ma da altri considerato effetto di fenomeni naturali.
L’assenza di tombe pertinenti a questo periodo resta un problema non facilmente risolvibile; sebbene non esistano elementi per comprendere le forme di organizzazione dell’abitato, la documentazione materiale (elementi architettonici, iscrizioni) attesta l’esistenza di una comunità politica. In questo quadro documentario molto scarno va poi ricordata l’esistenza di una serie monetale in argento riferibile al V sec. a.C., sino ad ora uno dei pochi documenti riferibili all’età classica. L’uso sulla serie monetale di Festòs di un tipo gortinio sarebbe dimostrare una sympoliteia tra Festòs e la vicina Gortina.
Più consistente è la documentazione di età ellenistica alla quale si possono riferire diverse strutture individuate sulle tre colline (lunghi tratti della fortificazione e strutture abitative sull’Acropoli Mediana e nell’area del Palazzo presso San Giorgio in Falandra), sulle pendici del Palazzo (Haghia Fotinì e Chalara) e nel sottostante plateau.
Sappiamo da Strabone (X.4.14) che la città fu distrutta dalla vicina Gortina; una serie di dati archeologici consente di datare questo evento negli anni centrali del II sec. a.C. Alla città ellenistica si sostituì un villaggio abitato dai Gortini.
Nel corso di tutta l’età romana la piana occidentale della Messarà continuò a giocare un ruolo importante sia per la presenza di Matala, principale porto di Gortina, sia per l’occupazione stessa del territorio, come testimoniano anche le sepolture a camera recentemente rinvenute lungo la strada Festòs-Kamilari.
Di questo insediamento rurale, di cui è difficile seguire la storia nel corso della prima fase bizantina (400-828 d.C.) e dell’occupazione araba dell’isola (828-961d.C.), non possiamo dire molto se non ricordare il nome Melix o Melika tramandato dalle fonti medioevali della fine del XIV secolo.
In questo generico quadro cronologico altomedioevale possiamo purtroppo solo vagamente inserire le sepolture – ancora in parte visibili – sul cortile occidentale del Palazzo.
Il nome attuale dell’abitato di Haghios Ioannis fa chiaramente riferimento al monaco-missionario, poi santo, Ioannis Xenos (detto anche Kyr Jannis e Aï-Kyr Jannis, Santo Signore Giovanni) della vicina Sivas, un villaggio forse di origine araba; al monaco, vissuto a cavallo dell’anno 1000, è attribuita la fondazione delle chiese di San Giorgio Dourvikas, sulla sella tra Christòs Effendi e l’Acropoli Mediana, e di San Paolo, all’interno dell’attuale cimitero del villaggio.
Quest’ultima chiesa, realizzata nell’area di un più antico battistero assegnato nella sua prima fase al IV sec. d.C., non lontano da un nucleo di sepolture di epoca bizantina, reimpiega diversi elementi lapidei antichi tra i quali anche un blocco con un’epigrafe arcaica bustrofedica.
Nient’altro sappiamo delle fasi successive relative alla seconda dominazione bizantina (961- 1204 d.C.), cui seguì il lungo predominio di Venezia (1211-1669 d.C.), esito della quarta crociata, e del successivo breve governo genovese (1204-1210 d.C.).
La presenza veneziana a Festòs è contrassegnata dalla trasformazione della più antica chiesa di San Giorgio nell’omonimo monastero di San Giorgio in Falandra, ancora ben conservato all’inizio del secolo scorso. Nella parte finale dell’occupazione veneziana (XVII secolo), la diffusione sistematica della coltivazione degli ulivi, prima assente o comunque piuttosto rara, trasforma il paesaggio anche nella piana della Messarà. Tale coltivazione prosegue durante la successiva dominazione ottomana che ha inizio nel 1669 e si conclude nel 1898 con l’indipendenza dell’isola, poi annessa alla Grecia con il Trattato di Londra del 30 maggio 1913.