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Oggi vogliamo credere davvero che il disco di Festòs sia un falso! Lo dice la televisione, d’altra parte, no? Quindi, sarà così…

Il disco di Festòs è un manufatto di argilla, tondo, del diametro di circa 16 cm e spesso circa 2, che reca un testo scritto su entrambe le facce, dall’esterno verso l’interno (quindi da destra verso sinistra), a seguire una linea spiraliforme che venne tracciata prima che venissero stampigliati i sillabogrammi.

Creare un disco di argilla in sé è facilissimo e poco costoso… Si dà il caso, tuttavia, che il nostro zelante falsario abbia deciso di inventare davvero un unicum…

Si scoccia di architettare qualcosa che abbia a che fare con le tre scritture lineari già scoperte a Creta: perché imitare il Geroglifico Cretese , la Lineare A , o la Lineare B? Troppo scontato. Certo, esiste il cuneiforme; ma, sapete, a imitare il cuneiforme ci si mette troppo poco e poi mancherebbe di mistero, dato che è un sistema ormai decifrato…

Ecco che il nostro brillante falsario, con certosina cura, inventa un nuovo sillabario che ha due caratteristiche: 1) è praticamente privo di rapporti con gli altri sistemi grafici cretesi e 2) è quindi il prodotto di una grande, grande fantasia.

Una fantasia che gli costa, tuttavia, non poco ingegno, molto tempo e, forse, danaro; perché il disco di Festòs reca l’impressione di 45 stampini, che si ripetono per un totale di 242 volte, a organizzare un testo di sessantun parole in diciassette frasi.

Per scriverlo, quindi, vi era bisogno in primis di fabbricare questi stampini…

Data la precisione e la qualità delle stampigliature, gli studiosi hanno dovuto concludere che le matrici  dovevano essere di un materiale che permettesse una stampa perfetta. Quindi né legno né argilla. Metallo? Avorio? Il nostro falsario è già in difficoltà: deve procurarsi 45 stampini probabilmente di metallo, ma essendo nel 1908 può anche usare la tecnologia! La galvanoplastica? La bachelite? La galalite? e vabbè in qualche modo ha pur fatto… certo è che ha dovuto anche trovare un artigiano di alto profilo, perché le formelle erano davvero molto ben fatte: nessuna sbavatura, nessuna imperfezione. 

Ma il nostro è persona tenace e chiaramente non bada a spese, poco importa se poi tutti quei begli stampini andranno buttati via.

Ora arriva il momento di cimentarsi a scrivere… si sa, non è cosa da poco. Eppure, abbiamo la prova che riportò davvero qualcosa su quel disco di argilla, palesando un sistema morfologico, per noi incomprensibile, certo, ma coerente e preciso. Vi sono elementi che possono ricondursi a declinazioni, coniugazioni, suffissi, ecc. ecc. Questo effettivamente non stupisce: i falsari, quelli veri, sono persone che se ne intendono di lingue.

Ma il nostro falsario sa così bene quello che deve scrivere (e in che lingua) che va incontro a qualche problemino… Ad esempio, si rende conto che il testo che ha immaginato è un po’ troppo lungo per lo spazio che ha a disposizione sulla “faccia A”; ed ecco che verso la fine della spirale, si fa prendere dal panico e scrive i segnetti tutti vicini vicini quasi accavallandoli… sia mai che qualcuno poi si renda conto che il finale è tronco (il finale di cosa poi? Non sta inventando tutto?… davvero diabolico il nostro falsario!)

Disco di Festòs

 

Ah si, scrivendo la quinta casella del lato A fa un grave errore. Per tutti gli Dei! Aveva già scritto molto testo in avanti, e ora? Secondo lo studio paleografico, lo scrivente, infatti, stampò per primo il gruppo A IV, poi i primi segni di A V… quando all’improvviso decise di rimpiazzare il primo segno di A V con tre segni che sono rispettivamente TESTA-SCUDO-UOMO. Per realizzare questa correzione, doveva recuperare spazio, quindi scelse di riscrivere il gruppo A IV in piccolo, ammassando i segni verso sinistra; cancellò quindi i quattro segni già incisi e il vecchio tratto di separazione tra A IV e A V (lo vedete nella foto, sotto lo scudo?) e vi sovrascrisse…

A XXX e A XXXI

 

Ora, è chiaro che evidentemente il nostro falsario ci teneva molto a quella parola e al suo impaginato, perché per non uscire nuovamente dalle cellette che aveva disegnato per isolare tutte le singole parole, decise di incidere prima lo scudo e poi la testa crestata (vedete quello strano punk?), andando da sinistra verso destra invece che da destra a sinistra. Ma ci sono altri errorucci nel disco che il nostro falsario provvide a sistemare…. D’altronde si sa, la correttezza ortografica di un sistema grafico inventato di sana pianta, in una lingua inventata di sana pianta e destinato a non essere letto e compreso da nessuno, esige comunque la massima cura.

A IV e A V

 

Dettaglio del disco di Festòs

 

Gentili lettori,

a voi rispondere al dubbio amletico che segue:

A: il disco è un oggetto originale: chi lo scrisse possedeva da sempre gli stampini utili alla bisogna, sapeva cosa scriveva e come scriverlo; tuttavia avendo davanti un oggetto dal layout non certo semplice fece alcuni errori nel calcolo della distribuzione del testo che, ovviamente, era giocoforza correggere.

Oppure

B: il disco è un falso creato da un falsario che 1) inventò una nuova forma di scrittura, 2) creò 45 stampini in metallo (per poi gettarli) e, tanto che c’era, 3) ideò una lingua con alcuni evidenti elementi ortografici e morfologici coerenti e, infine, 4) compose un testo tanto preciso da imporgli di correggerlo ogniqualvolta lo spazio a sua disposizione o la distrazione lo avevano portato a sbagliare qualcosa (ma cosa poteva aver sbagliato, poi, se si era inventato tutto?)

 

 

Foto e disegni sono tratti da:

Godart L. 1994, Il disco di Festos, Einaudi.

 

Per approfondimenti:

Anastasiadou M. 2016, “The Phaistos Disc as a Genuine Minoan Artefact and Its Place in the Stylistic Milieu of Crete in the Protopalatial Period”, Creta Antica 17, pp. 13-57.

Baldacci G. 2017. “Low-relief potters’ marks and the Phaistos disc: a note on the ‘comb’ sign (N. 21)”, ASAtene 95, pp. 65-79.

Cucuzza N. 2015, “Intorno alla autenticità del ‘Disco di Festós”, Quaderni di storia 81, pp. 93-124.

Godart L. 1994, Il disco di Festos, Einaudi.

La Rosa V. 2009, “Il disco di Festòs: un centenario autentico!”, Creta Antica 10.1, pp. 13-17.

Sanavia A. 2017, “An overview of the Protopalatial Impressed Fine Ware from Phaistos and some comparisons with the Phaistos disc”, ASAtene 95, pp. 81-103.

 

 

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One Response to Capitolo 1: lo strano caso di un falsario di genio, sostanze e tanta, tanta pazienza

  1. Massimo Imperiali ha detto:

    ci fu da parte greca o anche minoica una “damnatio memoriae” di qualche gruppo etnico che venne alla fine “liquidato” …. la “stampa” può essere un segno di attenzione ma anche di disprezzo: “queste cose ti scrivo, queste cose devi fare” … ritorna l’ipotesi di un enclave hurrita o mitannica con cui si dovevano avere per forza rapporti commerciali (il resto di manico di Tirinto con segni semiti ..)

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