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Nell’area del cosiddetto tempio di Rhea (Fig. 1), alle pendici meridionali della collina del Palazzo, all’epoca dei primissimi scavi di Luigi Pernier, furono rinvenuti diversi frammenti bronzei di lebeti (vasi per liquidi) e scudi, simili agli esemplari portati alla luce nell’antro del Monte Ida Lo stato di conservazione era pessimo, tanto che alcuni di essi si polverizzarono durante lo scavo. Gli unici materiali integri erano un umbone (elemento centrale di uno scudo) a forma di testa leonina (Fig. 2a), alcuni frammenti raffiguranti cervi e buoi e le pareti di un lebete decorato con zampe feline.

Tramite il supporto delle foto dell’epoca e degli appunti di Pernier, Halvor Bagge realizzò alcuni disegni e schizzi dei materiali; inoltre, con i bronzi superstiti furono realizzati dei calchi. Alcuni frammenti furono poi donati dal Governo Cretese al Museo Pigorini di Roma, dove sono tutt’ora conservati (Fig. 2b).

Fig. 1 Ortofoto del tempio di Rhea (Archivio Progetto Festòs).

 

Fig. 2a-b Umbone a testa leonina (Kunze 1931, tav. 25) I bronzi conservati al Museo Pigorini (Mangani 2004)

Secondo Pernier, la maggior parte dei frammenti appartenevano allo stesso scudo. Elisabetta Mangani ritiene invece che i frammenti fossero pertinenti a quattro esemplari di scudi diversi. Sono state formulate varie ipotesi sulla cronologia di questi scudi, la cui datazione oscilla tra la fine del IX e gli inizi del VII sec. a.C.

Anche la loro funzione non è ben chiara. Pernier li mise in relazione con il più tardo edificio templare, ed in particolare con il pronao (vano antistante) del tempio, mentre la somiglianza con le raffigurazioni sugli scudi dell’Antro Ideo, attribuiti da Luigi Adriano Milani al culto di Rhea, sembrava indicare che questa fosse la divinità venerata anche in questo edificio. Vincenzo La Rosa, che nel 1992 ha effettuato dei saggi proprio nel pronao, riportando alla luce altri frammenti di bronzo, sostenne a sua volta la relazione tra i bronzi e il tempio. Daniela Lefèvre-Novaro, invece, ha ipotizzato che negli ultimi decenni dell’VIII sec. a.C. fosse esistito un primitivo santuario a cielo aperto, a cui erano connessi questi materiali, e che fu poi sostituito dal tempio. Tuttavia, grazie al recupero degli schizzi di Enrico Stefani è stato possibile individuare i diversi “pozzi/trincee” di scavo in cui furono trovati i frammenti e stabilire che essi non erano localizzati esclusivamente nel pronao del tempio, bensì in un’area più estesa delle pendici (Fig. 3). D’altra parte, la presenza di scudi in bronzo in ambito votivo è nota ma non specifica. Dunque, non è possibile definire, in base allo stato attuale delle conoscenze, il contesto d’uso di tali oggetti a Festòs.

Fig. 3 Lo schizzo di E. Stefani sovrapposto alla pianta del palazzo (Archivio SAIA, elab. Autore)

 

Federica Iannone

 

Per approfondimenti:

Canciani F. 1970, Bronzi orientali e orientalizzanti a Creta nell’VIII e VII sec. a.C., Roma.

Kunze E. 1932, Kretische Bronzereliefs, Stuttgart 1931

Lefèvre-Novaro D. 2009, «Culti e santuari a Festòs in epoca altoarcaica. Per un’analisi funzionale», in Creta Antica 10/II, pp. 563-597

 

Mangani E. 2004, «La formazione della Collezione Cretese del Museo Nazionale Preistorico Etnografico di Roma», BPI 95, Roma, pp. 279-352

Pernier L. 1910, «Memorie del culto di Rhea a Phaestos», in Saggi di storia antica e di archeologia, Roma, pp. 241-253.

Pernier L. – Banti L. 1947, Guida degli scavi italiani in Creta, Roma, pp. 56-57.

 

 

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